lunedì 26 maggio 2008

Valentina prendeva il treno

Quand'ero piccola trascorrevo molto tempo con mia nonna. La mia nascita era stata risolutiva per molte aspettative e molte persone: per i miei genitori, che con me avevano compensato, per quanto possibile, la morte del primogenito; per mia nonna, che aveva trasferito il suo amore ossessivo da mio padre a me.
Così prese a sequestrarmi spesso, quando, cioè, le veniva la mattana improvvisa di andarsene al mare. Mio padre, avrò avuto non più di tre o quattro anni, mi aveva regalato una bambola bellissima, una delle prime bambole parlanti. Si chiamava Valentina, aveva un caschetto biondo platino, un vestitino rosa e le scarpette bianche. Dietro il collo un anello di plastica collegato ad un filo. Io tiravo e lei, senza espressione, mi diceva:" ciao, mi chiamo Valentina, e tu?". "io Nita", le rispondevo, convinta di un'interazione che allora mi pareva possibile.
La amavo tanto, quella bambola, più di qualunque bambola avessi mai avuto.
Mia nonna, però, temeva che potessi sciuparla, e allora imbastì una storia pazzesca (oggi diremmo fiction) per preservare il giocattolo dalle mie manine iperattive.
- Nonna, dov'è Valentina? Non la trovo.
- Ah, hai ragione. Valentina ha preso il treno ed è andata a Roma.
- A Roooomaaaa? Ma perchè? Qui non stava bene?
- Certo che qui sta bene, ma lei lavora: fa l'impiegata.
- A Roma?
- Sì. Vedrai che torna sabato.
Aspettai una settimana lunga un secolo. Credevo ciecamente a quella favola, ma temevo che lei non tornasse mai più. Invece il sabato successivo nonna mi prese per mano e mi portò vicino al cancello: Valentina era lì, e mi sorrideva. La abbracciai forte e trascorsi, con lei, il primo di una lunghissima serie di finesettimana che sarebbe venuta a trascorrere con la sua amica "di carne vera".
All'inizio della settimana la accompagnavo lì dove l'avevo ritrovata: sapevo che l'avrei rivista presto.
Non so, poi, che fine fece. Per quanto mi sforzi non riesco a ricordare più niente, a parte lei in tutti i particolari, gli arrivi e le partenze. Magari un bel giorno si innamorò e decise di rimanere a Roma per sempre.
Sorrido, mentre ne scrivo, perchè proprio oggi, a pranzo, mia madre ha ricordato l'episodio.
Sorrido anche perchè, della mia infanzia, ho ricordi molto belli: i problemi sarebbero arrivati, copiosi, solo qualche anno dopo.
Intanto la domenica è volata.
A voi auguro una settimana di ritmo e allegria. Domani è lunedì: si ricomincia.
Magari anche Valentina salirà sul suo treno.

22 commenti:

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Ricordi di infanzia un po' tristi anche ma post che ho letto avidamente. Davvero bello e come dici tu senza retorica.

Anonimo ha detto...

Sai che è davvero bello, questo post? Carmen, fortuna che almeno l'infanzia tu possa ricordarla positivamente. Il danno sono tutte le riflessioni e riletture varie che, col tempo, costruiamo. Anche sull'infanzia. Bacio.

Carmen Sandiego ha detto...

Sì, a pensarci mi torna un po' di magone, Daniele.
Ciao. :)

E tu mi stupisci sempre più, Violetta. A volte mi spiazzi.
Nella mia vita c'è una netta linea di demarcazione: l'infanzia e il resto. Ma a pensarci bene ero anche una bambina un po' malinconica.
Bacio, enorme, a te.

Anonimo ha detto...

L'indole è quella, mi sa. Credo però che tutti abbiamo una linea di demarcazione nella nostra vita, o almeno un punto che riteniamo tale. Per alcuni anni ho ricordato la data, adesso posso dire solo che era un venerdì di ottobre, avevo 8 o 9 anni, ma credo di avertene parlato già. E poi, come ti ho detto, il tempo ha contribuito a ricamarci sopra. Chissà quanto è vero, dei nostri ricordi.

Anonimo ha detto...

Anche io ero un po' credulona. Una storia di supposte, molto meno romantica. Direi di soprassedere (trattandosi di supposte poi...).

senzanomealcuno ha detto...

Qualcuno lo ha già detto, io confermo, un post con una vena di tristezza che che si legge davvero avidamente. Eppoi tu, con questo nome: Carmen Sandiego, mi hai riportato a qualche anno fa quando mi fissavo sul divano e la guardavo in TV

digito ergo sum ha detto...

mamma mia, che sensazione sulla pelle, ora. grazie.

Blue ha detto...

Pensavo, leggendoti, a quanto eravamo "ingenue" nell'ascoltare le favolette che ci venivano propinate...che anche a me ne raccontava la nonna ed io lì con gli occhi sgranati ad ascoltare...

ora nessuna bambina ci crederebbe mai...ed un po' mi spiace, sai, perchè si è persa quella che io chiamo anima bambina...quella che ci permette di conservare sempre il bambino che siamo...

ti abbraccio

luciano ha detto...

Però non trovi che sia stata un po' crudele la nonna? Perché farti stare una settimana intera senza Valentina?.. I ricordi son belli comunque. Buona settimana anche a te, carmen :)

marge ha detto...

direi che è un post molto tenero....e anche tu dovevi esserlo da bambina!!!

ma tua nonna che strana che era...che altro deve farci una bambina con una bambola se non giocarci?

Amaracchia ha detto...

Questo racconto m'ha fatto ripensare a tutte le motivazioni che da bambini ci danno per le cose da grandi.Quando morì la mia adorata pappagallina azzurra mi disserò che era volata in Brasile o_O

Scorpio79 ha detto...

Tua nonna ti ha impartito un grande insegnamento, quel giorno: allontanandoti da quella bambola ti ha fatto capire che non bisogna mai dare tutto per scontato, e che bisogna godere di quel poco che si ha finché ce n'è. O sbaglio? Ciao Rubens

Carmen Sandiego ha detto...

L'indole è proprio quella, Violetta. Senza "mi sa".
Ho tanti ricordi nitidi, riscontrabili, e tanti ricordi che sanno di fantasia. Poi è passato così tanto tempo.

Esatto, Alia: ero credulona, e tanto. Vai a dirlo ad una tre/quattrenne di oggi, che una bambola va a prendere il treno per andare a Roma: o chiama il telefono azzurro, o ti ride in faccia. :(

A dire il vero mi sono ispirata proprio a quel quiz, No Name. La scusa era mio figlio, che però era troppo piccolo. ;)

Grazie a te sempre, DES: sei un grande.

Ecco, Blue, ho appena finito di scrivere più o meno la stessa cosa, qualche risposta più su.
E le nonne di una volta avevano una fantasia che definire fervida non rende l'idea. :)

L'ho pensato da grande, Luciano: da piccola ero boccalona, poi ero molto legata a mia nonna.

Suy, mia nonna era un personaggio. Nei prossimi giorni, magari di là, scriverò un postone su nonna, gemellandomi con Alianorah (abbiamo un progetto nonnesco).
:)

Addirittura in Brasile, Amaracchia???
Ma certo: era tornata "alla casa del Padre". :(


Sbagli, Rubens: deve avermi trasmesso, invece, o rafforzato, il senso della precarietà e quello dell'abbandono.
Io non lo avrei mai fatto.

Anonimo ha detto...

Vedi come la tua ottica sia diversa da quella di Rubens...io, neanche a dirlo concordo con la tua. La sua sarebbe stata molto più sana, senza dubbio, ma col senno di poi temo che non sia stata quella...

Anonimo ha detto...

La mia si chiamava Carmela.
Camminava e cantava.
Poi lasciai le pile all'interno, si arruginì tutto e lei rimase inerme.
Una metafora del tutto fumo e niente arrosto che mi riguarda?!
Bel post carmè.
davvero.

Carmen Sandiego ha detto...

Mah, Violetta, con tutta la stima che ho per Rubens, la sua mi è sembrata una tesi "stoicospartana" (fammela passare).
E il cuore dove lo mettiamo?

Se ci affidiamo alle metafore allora io sono una che c'è e non c'è, Cuncetta. Una pupazza. :)
Ah, allora la tua bambola era mia omonima.
;)

Pippi ha detto...

I motivi di certe vicinanze: anch'io sono nata per compensare la morte del primogenito. Non credo di avere compensato però: avevo un difetto, ero femmina. Bambole poi nella mia infanzia io non ne ricordo. Non credo di avere avuto un'infanzia felice. Anzi posso dirlo con certezza, non l'ho avuta. Una Valentina sia pure part time mi manca ... un abbraccio.

Carmen Sandiego ha detto...

Sei sicura che volessero un altro maschio, Giulia?
Io andai benone comunque perchè mio padre riuscì a consegnare al mondo un piccolo duplicato di sua madre, donna che, giustamente, adorava.
Solo che io ho ereditato solo il nome: quindi nè carattere nè attributi.
perchè hai avuto un'infanzia triste e senza bambole?
Non mi capacito.
Di solito i problemi seri arivano dopo.
Un bacio.

Mat ha detto...

molto bello questo spaccato di te zietta!
davvero!
poi lo sai che mi piacciono i post "personali"

buongiorno dal tuo nipotino malaticcio

Octuagenario ha detto...

Bellissimo post. Sorridevo così :) mentre leggevo, proprio come facevi tu mentre scrivevi.
Credo che tua nonna fosse un genio della scienza dell'educazione. Forse non inventò quella storiella tanto per preservare la bambola, quanto per inculcarti la capacità di godere delle cose con equilibrio.

davmo ha detto...

oggi è sabato
e la settimana è andata
bene o male che sia
è andata

ciao Carmen
un abbraccio

Carmen Sandiego ha detto...

Ciao Mat: zia Carmen passa poco, da queste parti.
Stai male per via della pioggia di pietre? :(

No no, Octy: voleva proprio preservare la bambola. Fidati. :)

E' andata e menomale.
Ciao Davmo.
Un abbraccio. :)